Mamme si nasce o si diventa?

Mamme si nasce o si diventa?

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C’è chi sognava figli da quando era lei stessa bambina, chi ha iniziato a pensarci quando ha sentito ticchettare il classico orologio biologico, chi è diventata mamma per caso, chi ha voluto/dovuto adottare, chi ad avere figli non ci pensa proprio.

Per millenni la donna non ha potuto decidere, era quello il suo ruolo nella società: la mamma. L’unico compito che doveva assolvere pena l’esclusione, la derisione, la convinzione di essere stata punita (perchè ovviamente se la coppia era sterile la colpa era sempre della donna). Tradizionalmente perciò si è sempre dato per scontata l’esistenza dell’istinto materno. “Istinto” proprio per sottolinearne la componente biologica, fisiologica e quindi irrinunciabile e naturale del desiderio di diventare mamma. Ora, se è vero che una componente biologica parrebbe esserci (Dayu Lin, 2018) è anche vero che esistono delle differenze individuali nell’urgenza di quel desiderio, nell’importanza che gli si dà e nella capacità di adattarsi al ruolo di madre.

Insicurezza. Se penso a tutte le mamme che negli anni ho conosciuto, questa è la prima parola che mi viene in mente ed è quanto meno singolare se l’istinto materno è davvero così insito in ognuna di noi.

L’insicurezza è probabilmente la sensazione che più spesso accompagna la mamma, da quando vede per la prima volta quelle due linee sul test a quando i figli ormai grandi vivono la loro vita.

Inizialmente è l’insicurezza della primipara, cioè della giovane mamma che probabilmente non ha mai tenuto in braccio un neonato in vita sua e all’improvviso si trova travolta da tutta una serie di incombenze con le quali non si è mai dovuta confrontare prima di allora. Le decisioni da prendere sono tante, tutte molto pratiche e iniziano dai primi mesi di gravidanza (“Faccio l’amniocentesi?“, “Posso continuare a fare sport?“, “Posso continuare a pulire la lettiera del gatto?“, “Una sigaretta farà davvero così male?” …), per proseguire con il parto (“Meglio clinica privata o grande ospedale con TIN?“, “Epidurale sì o no?“, “Del parto naturale ho paura, meglio il cesareo?“, “Devo pagarmi una doula?” …) e (non) finire nei primi mesi con il neonato (“Allattamento al seno o subito latte artificiale? Posso fare un po’ e un po’ ?“, “Coosleeping o subito nel suo lettino? E il lettino in camera con noi o proprio nella sua stanza?“, “Piange sempre, saranno le coliche? O meglio portarlo in ospedale?“, “Meglio fascia, marsupio o carrozzina?”, “Avrà caldo/freddo/sete/fame/male ???” …).

Con la crescita del bambino diminuiscono i dubbi di natura pratica dovuti essenzialmente all’inesperienza e arrivano quelli più emotivi/psicologici e concettuali sulla gestione dei capricci, sull’educazione da impartire, gli amichetti da frequentare, quanto imporsi e quanto lasciar correre in una spirale di dubbi e interrogativi che non finiscono realmente mai e spesso sono anche a ritroso (“Forse è così insicuro perchè da piccolo assecondavo troppo le sue paure?“, “Perchè scappa dalle responsabilità? L’ho viziato troppo?” … ).

La realtà è che nessuna donna nasce con il libretto di istruzioni “Come essere una brava madre” incorporato. Non siamo nate per essere madri, la maternità è uno dei tanti ruoli che possiamo avere nella vita e come per tutti gli altri ruoli ciascuna donna può possedere degli aspetti caratteriali o esperienziali che possono facilitarla o ostacolarla. Pensiamo ad esempio a una persona particolarmente empatica, sicuramente le risulterà facile sintonizzarsi sui bisogni del figlio ma forse avrà difficoltà quando si tratterà di lasciarlo andare. Al contrario, una persona più cognitiva sarà facilitata nel rapporto con il figlio adulto e potrà trovare difficoltà con il neonato. Senza considerare le caratteristiche peculiari di ogni bambino alle quali ci si deve adattare… Tuto questo lascia la porta aperta a un’unica certezza: non c’è, non può esserci, un modo giusto di essere madre.

Forse sono proprio le mamme per vocazione a sentire maggiormente questo bias. Le donne che fin da piccole hanno sognato e fantasticato sul loro futuro da mamme si possono trovare prese in contropiede, quasi ingannate dalle difficoltà che avere la piena responsabilità di qualcun altro comporta. Ma come? Non dovrei sapere cosa fare? Com’è che tutti si aspettano che sia io a decidere? Perchè le altre sono così sicure e io no? Cos’ho che non va? 

Per non parlare delle mamme adottive. “I figli sono di chi li cresce” si dice ed è vero, ma quante mamme adottive imputano i loro dubbi, le loro insicurezze più che legittime al fatto di non essere la donna che ha partorito il loro bambino? Se lo avessi portato dentro di me allora sì che capirei subito perchè piange. Non so perchè è così ribelle, deve averlo preso dai genitori naturali

Forse sarebbe tutto più facile se ci considerassimo prima di tutto persone, prima ancora di donne, e considerassimo anche i nostri figli come tali. Persone che vivono e si relazionano fra loro ogni giorno, imparando le une dagli altri, amando e scegliendo al meglio delle loro possibilità. Persone che non dimenticano di relazionarsi, imparare, amare l’altra persona che sceglie al meglio delle proprie possibilità: il padre.

 

 

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