La sindrome dell’impostore

La sindrome dell’impostore

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Serena ha 27 anni e ha appena superato l’ultima prova dell’Esame di Abilitazione alla sua Professione. Da quando ha avuto il suo primo bambino, pochi mesi fa, la sua vita è completamente cambiata. Dorme pochissimo e in più ci sono gravi problemi di famiglia che la costringono a continui viaggi e ad ospiti in casa. Ha preparato il suo esame studiando la notte “tanto dovevo stare sveglia per mio figlio”. Nonostante il poco tempo a disposizione, la stanchezza accumulata in mesi di notti in bianco, lo stress per la situazione familiare, Serena è riuscita a superare le tre prove al primo colpo e con praticamente il massimo dei voti. Un risultato eccellente, ottenuto in una situazione che di certo non ha favorito il pesante studio richiesto da un Esame di Stato … chiunque si sentirebbe al settimo cielo. Chiunque ma non Serena, per niente soddisfatta. Si sente fortunata, pensa che sono semplicemente capitate le tracce  e le domande giuste, sapeva rispondere ed è andata bene ma lei in realtà non è per niente preparata. A nulla vale ricordarle che nella prima prova aveva pensato addirittura di andarsene lasciando il foglio in bianco perchè era capitato un argomento che le era stato sempre ostico o che la seconda prova era stata strutturata in modo completamente diverso rispetto a quanto si aspettasse … no, lei è stata fortunata.

Serena soffre semplicemente della Sindrome dell’Impostore, non una sindrome clinica riconosciuta ma un fenomeno che la accomuna a moltissime persone, per la maggior parte donne. Sono persone che sentono di non meritarsi davvero ciò che si sono guadagnate, pensano che prima o poi la gente si renderà conto di come sono fatte realmente, che tutto quello per cui hanno lavorato duramente sia in realtà dovuto alla fortuna. Vivono nella costante paura di essere scoperti, avvertono sensazioni costanti di falsità intellettuale (H. Hutchins), come se fossero dei  truffatori.

Paradossalmente a soffrire di questa condizione sono proprio le persone che ottengono ottimi risultati grazie al loro impegno, duro e costante. C’è una sorta di incapacità a riconoscere i propri meriti e la tendenza ad attribuire le proprie doti al “fato”, alla “fortuna” e contemporaneamente a colpevolizzarsi molto per il minimo errore. Si tratta normalmente di persone fortemente autocritiche, con un senso del dovere sviluppato e molto rigido, che sentono il peso di dover soddisfare le aspettative degli altri e il terrore di essere giudicati negativamente qualora non siano perfetti. Cercano di defilarsi da posizioni di responsabilità prese autonomamente in qualsiasi campo, dalle promozioni lavorative all’essere responsabili della scelta di un regalo di gruppo, proprio per la sensazione di non essere abbastanza; lavorano moltissimo per mantenere le apparenze e quando raggiungono i propri obiettivi – e tendenzialmente lo fanno sempre – non riescono comunque a rilassarsi: la sensazione che provano è più quella “dello scampato pericolo” che di soddisfazione per la propria bravura. L’aspetto curioso ma caratteristico è che nonostante l’ansia li attanagli, sono soggetti altamente performanti: hanno cioè dei risultati di gran lunga superiori alla media, in qualsiasi campo si applichino. Spesso infatti sono proprio le persone di maggior successo professionale a soffrirne.

La sindrome dell’Impostore va di pari passi con il perfezionismo: è come se gli “impostori” non tollerassero di non essere perfetti, arrivando a stabilire una connessione diretta e profonda tra la propria umana non-perfezione e il fallimento, fallimento che rappresenta la loro più grande paura in quanto la loro autostima non è stabile e fluttua continuamente. A volte arrivano anche ad autosabotarsi, creandosi perciò l’alibi  perfetto da utilizzare nel caso – sporadico – fallissero.

Come uscirne?
  • NO al confronto con gli altri

Confrontarsi con gli altri è dannoso oltre che assolutamente inutile: ognuno ha la propria storia personale, le proprie motivazioni e solo noi sappiamo cosa c’è dietro il nostro percorso.

Non solo, ma spesso tendiamo a confrontare le nostre debolezze con i punti di forza degli altri oppure i nostri fallimenti con i loro successi: “Ecco, lui ha avuto la promozione e io no!” … e magari erano tre anni di seguito che il collega ci provava.

In più, quando iniziamo un progetto o un nuovo lavoro ci mettiamo a paragone con chi ha già raggiunto il traguardo o con chi è al vertice della propria carriera: se abbiamo appena aperto una start-up non possiamo metterci a confronto con la super mega azienda leader nel settore da quarant’anni, è logico uscirne perdenti.

Inoltre, tendiamo a confrontare la nostra esperienza interna con l’esteriorità dell’altro: noi che ci sentiamo così impacciati, ansiosi, timorosi, goffi ci mettiamo a paragone con l’altro che invece ci appare sicuro di sé, tranquillo, perfettamente a suo agio e competente … ma il fatto che ci appaia così non significa che lo sia realmente! Avete mai pensato che magari anche noi all’esterno risultiamo allo stesso modo?

Non focalizziamo la nostra attenzione sugli altri ma su noi stessi e il nostro obiettivo cercando di fare il massimo che ci è consentito dalle nostre possibilità.

  • NO a cercare di essere perfetti

Cercare il massimo non significa però essere perfetti. Nessuno sa tutto, nessuno è perfetto in ogni aspetto, nessuno ha il pieno controllo su tutto … se viviamo ponendoci mete irrealizzabili ci sentiremo sempre a metà strada.

Quando poi qualcuno ci premierà noi ci sentiremo inadeguati: non è l’altro a sbagliare valutazione, non è che lo abbiamo truffato facendoci vedere bravi mentre siamo un pozzo di ignoranza … semplicemente l’altro è più oggettivo di noi e premia il risultato raggiunto, non la perfezione che avevamo in mente noi!

  • NO a minimizzare i traguardi raggiunti

Impariamo a ringraziare quando ci fanno un complimento, non ribattiamo con un: “Ma no, è stata tutta fortuna!”.

Ricordiamo sempre da dove siamo partiti e quanta strada abbiamo percorso, pensiamo a tutti gli ostacoli che abbiamo incontrato e a come li abbiamo superati.

Per concludere, è bene sempre tenere a mente che della sindrome dell’Impostore ne soffre solo ed esclusivamente chi impostore non è: chi è davvero incompetente non si rende conto di esserlo e tende anche a sovrastimare le proprie abilità.

 

 

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